Osservare, riflettere e agire per opporsi alla discriminazione di ogni giorno

Osservare, riflettere e agire per opporsi alla discriminazione di ogni giorno

Hitler non è morto. Hitler è in ogni uomo che discrimina un uomo gay, uno di colore o uno di un’altra religione

(Eminem) 

La discriminazione si verifica quando una persona viene ingiustificatamente trattata in modo diverso o esclusa da un servizio o da un’opportunità: un lavoro, una casa, una prestazione sociale o sanitaria, un mezzo di trasporto pubblico. La nostra Carta Costituzionale tutela le persone dalle discriminazioni, ma non sempre il fine viene raggiunto, ci sembra giusto riflettere su alcuni temi che portano alla discriminazione nella speranza che un tale contributo produca un semplice ma positivo momento di riflessione.

DISCRIMINAZIONE NELL’ AMBITO POLITICO

La discriminazione in ambito politico è un tipo di dicriminazione che colpisce persone o gruppi con ideali politici diversi da quelli convenzionali o non accettati dalla società in cui vivono. Questa forma di discriminazione può assumere molte forme e si manifesta in diversi contesti come ad esempio il lavoro, la vita sociale e altri campi.

La discriminazione politica è un problema in quanto viola i principi fondamentali della democrazia come la libertà di espressione.

Questa può anche provocare conseguenze sulla società, perché porta a divisioni e clima di tensione se si hanno diversi ideali politici.

Ci possono essere casi, dove questa diversità di pensiero, ostacoli l’assunzione o promozione al posto di lavoro e casi in cui può portare a soppressione, stermini e guerre.

Politica, dittatura e odio per il nemico

Il XX secolo, viene considerato come un secolo di confusione e rinnovamento. Il periodo delle grandi guerre, degli sviluppi tecnologici, militari ed il periodo di grandi dittature, imperialismi e rivolte. 

Tutti uguali ma tutti diversi 

Il socialismo ha riscontrato un certo successo nell’Europa  del XX secolo. Dettato dai principi marxisti in campo politico/economico. Uno degli esempi più famosi di socialismo è sicuramente l’URSS (Unione delle repubbliche socialiste sovietiche) instaurata da Vladimir Ilʹič Lenin dopo la rivoluzione Russa (1917 – 1921), ma si hanno anche altri esempi come la rivoluzione cinese dettata da Mao Zedong e la guerra civile cambogiana che porterà al comando Pol Pot. Tutti questi stati eventi storici di natura  socialista, ma anche dittatoriale. Ciò comporta la privazione di diritti umani e della libertà d’espressione. Il metodo principale di sopprimere questi “rivoltosi” e il più utilizzato è stato quello di spedire gli avversari e oppositori politici nei campi di lavoro forzato. Sterminando in maniera sistematica milioni di persone non accettate dal governo.

I simili opposti

Come si può parlare di soppressione politica nelle dittature comuniste, anche nelle dittature di stampo fascista/militarista si trovano manifestazioni  simili, basta riportare 3 esempi famosi. La dimostrazione più tragica è stata la Germania nazista guidata da Adolf Hitler, uno degli stati più importanti del XX sec. dove la dittatura nazionalsocialista non ha risparmiato vittime civili e politiche. Anche in Germania si utilizzava una tecnica simile a quella delle dittature socialiste. Solitamente si inviava un oppositore politico e lo si toglieva di mezzo mandandolo nei campi di lavoro forzato o direttamente a quelli di concentramento. Invece nel facismo si ha un approccio in cui si vanno a creare i fasci di combattimento, nati con lo scopo di intimidire e reprimere gli avversari politici con la violenza. Nella dittatura Franchista instaurata nel 1936 la strategia di uccisione degli avversari politici è diretta, tutti coloro che sono sospettati di andare contro il governo Franchista vengono tolti di mezzo senza processo.

Il Maccartismo

Negli anni cinquanta in America, durante la Guerra Fredda, nasce un movimento chiamato Maccartismo. Il maccartismo fu un atteggiamento politico-amministrativo caratterizzato da un esasperata repressione nei confronti di persone, gruppi e comportamenti ritenuti filo comunisti. Uno degli elementi principali del maccartismo fu il controllo di sicurezza interno applicato sugli impiegati del governo federale, eseguito dall’FBI. Questo dettagliato programma investigava e controllava tutti gli impiegati su eventuali connessioni comuniste, impiegando testimonianze fornite da fonti anonime che i soggetti all’investigazione non erano in grado di identificare o con cui non potevano confrontarsi. Dal 1951 il programma richiedeva il semplice sospetto e non prove per licenziare un impiegato statale o per stroncare la carriera di un uomo d’affari o addirittura del cinema hollywoodiano. Gli elementi pubblicamente più visibili del maccartismo furono i processi di coloro che vennero accusati di essere agenti comunisti all’interno del governo. Il processo più famoso fu quello di Julius ed Ethel Rosenberg, che si concluse con la loro condanna a morte. 

La Discriminazione politica oggi

Fatte tutte le considerazioni del passato la domanda principale è “Come siamo messi oggi al livello di discriminazione politica?”. La risposta più sensata è: dipende. Dipende sicuramente dalla parte del mondo in cui si vive. Se si vive in uno stato totalitario come la Corea del Nord la dicriminazione politica è massima, invece se si vive in uno stato occidentale la dicriminazione politica è più sottile e legata alla storia del paese.

DISCRIMINAZIONI DI GENERE

I sondaggi, realizzati in questi ultimi anni,  rivelano allarmanti manifestazioni di discriminazione e molestia sul posto di lavoro, con una donna su due che dichiara esperienze negative. Inoltre il tasso di occupazione femminile in Italia è al 55% in cui il 53% ha ricevuto battute sessiste mentre il 22% ha subito attacchi fisici. La maternità continua ad essere un freno per la carriera femminile infatti più del 50% delle donne vengono allontanate dal posto di lavoro a causa di quest’ultima mentre altre hanno addirittura paura a comunicarlo al datore di lavoro. Sul versante economico il 46% delle lavoratrici non hanno mai richiesto un aumento per paura di essere attaccate o licenziate.

Con questi dati l’Italia si posiziona al 63esimo posto su 146 per la parità di genere secondo il Global Gender Gap report del 2022, sebbene la Carta Sociale Europea Riveduta del 1996 garantisca il diritto alla parità di opportunità e trattamento nel lavoro, compresi aspetti come la retribuzione e le progressioni di carriera.

Gli stati devono accettare queste disposizioni ma il Comitato Europeo dei Diritti Sociali sottolinea che è necessario promuovere attivamente l’uguaglianza di genere, nonostante ciò le discriminazioni persistono riflettendo una società ancora permeata da disuguaglianza di genere.

La pandemia data dal Covid-19 ha accentuato le disparità, con le donne che subiscono maggiori conseguenze dalle misure di contenimento.

La lotta contro la discriminazione richiede un impegno continuo, non solo per evitare atteggiamenti diretti, ma anche per eliminare gli stereotipi che limitano il potenziale delle donne. Il pregiudizio che la donna sia la principale responsabile del lavoro di cura verso i minori e i genitori anziani contribuisce alla mancanza di servizi per la prima infanzia e assistenza geriatrica. 

Questa fotografia, con molti scuri e pochi chiari, è confermata dalla percentuale di presenza  di donne nei ruoli di potere, poichè limitata dal soffitto di cristallo, ovvero la metafora che si usa quando la carriera lavorativa di una persona è rallentata, principalmente dall’attività domestica, riflettendo una profonda disuguaglianza.

I divari di genere coinvolgono anche chi si identifica in genere diversi o non binari oppure discriminazioni razziali.

DISCRIMINAZIONE PER L’ORIENTAMENTO SESSUALE

Il movimento LGBTQ inizia a crescere tra il ‘60 e il ‘70, e un evento significativo e importante del tempo che ne portò alla crescita, fu noto come Moti di Stonewall nel 1969,questo moto avvenne a New York dove nasce il bar Stonewall Inn un locale LGBTQ.

La Polizia sospettosa a quel tempo faceva spesso dei controlli, infatti il 27 giugno 1969 ispezionarono il locale senza avvertire i gestori , trovando così persone in abiti del sesso opposto, in seguito l’ispezione causò una rivolta di più di 2000 omosessuali che affrontarono circa 400 poliziotti. 

Successivamente a Stonewall ci furono sempre più proteste anche da parte dei transgender. Infatti la comunità LGBTQ racchiude tutti coloro che non seguono il “giusto” orientamento sessuale, e proprio per questo che queste persone vengono discriminate perché hanno un idea e dei gusti diversi dalla massa.

Oggi giorno molte persone si dichiarano appartenenti alla galassia LGBTQ, senza paura della propria incolumità fisica, tuttavia circa il 62% mondiale per via della paura di essere odiati schifati da tutti non fanno coming out, approfondendo i dati italiani si nota che all’incirca il 39% ha dichiarato il proprio orientamento sessuale alla famiglia e alla società, mentre il restante 61% è composto da chi ha paura o da chi l’ha fatto e in seguito ad aggressioni a deciso di evitare certi luoghi. 

Non è detto che vada sempre male infatti i ragazzi tra 15 17 anni che hanno fatto coming out, hanno avuto la fortuna di trovare sia come compagni che insegnanti dei pari che si sostengono tra di loro. Nonostante vi siano campagne di sensibilizzazione  riguardo il mondo LGBTQ  le vittime sono facilmente preda di bullismo, aggressione, associate alla mancanza di diritti civili e il diritto di avere una famiglia. A questo riguardo questo lo Stato non fà molto, infatti non si preoccupa di promuovere il matrimonio egualitario, e ultimamente ha interrotto la trascrizione all’anagrafe dei figli di coppie omoaffettive, negando di fatto ai bambini di godere a pieno i diritti e la tutela dallo Stato. Coloro che davvero sostengono l’LGBTQ molto spesso si ritrovano in brutte situazioni, ci sono casi come quello di Marielle Franco che è stata uccisa in seguito a minacce da sconosciuti che andavano contro il popolo LGBTQ, del delitto e delle indagini non si son fatti grandi passi in avanti, lasciando addirittura che non fosse neanche informata la famiglia. Emblematica è anche la storia di Anna Sharyhina e Vira Chernygina che prima dello scoppio della guerra in Ucraina gestivano un’organizzazione per i diritti delle persone LGBTQ. Per questo, insieme ad altri colleghi, sono state attaccate e maltrattate senza ricevere alcuna protezione. L’organizzazione Sphere, fondata dalle 2 attiviste ucraine, dal 2017 è stata attaccata quasi 30 volte da gruppi omofobi.

DISCRIMINAZIONE DI RAZZA

La discriminazione razziale, un fenomeno complicato e dannoso, si manifesta attraverso svariate forme di disuguaglianza e emarginazione. Queste disuguaglianze si concentrano principalmente sulla razza, il colore della pelle e l’appartenenza a un gruppo etnico, danneggiando considerevolmente la parità individuale, ai diritti umani e alle libertà fondamentali in ambiti come la politica, l’economia, la sfera sociale e culturale.

Il concetto più ampio di razzismo nasce dalla percezione di superiorità da parte di un gruppo di individui, spesso attribuita a caratteristiche ritenute superiori o migliori. Questa percezione sbagliata porta a un atteggiamento discriminatorio e sfavorevole nei confronti di coloro che vengono etichettati come “inferiori” sulla base di criteri razziali.

La discriminazione razziale si sviluppa come risultato diretto di tali credenze razziste, manifestandosi attraverso una serie di azioni compiute da un gruppo di persone nei confronti di altre, esclusivamente a causa delle loro differenze di razza, etnia o cultura. Un esempio tangibile di questa forma di discriminazione è la molestia, in cui una persona è soggetta a critiche e maltrattamenti a causa della sua diversità etnica o delle sue abitudini culturali, e si riflettono anche su molti aspetti come la capacità di avere un’istruzione adeguata o di trovare lavoro.

La discriminazione razziale è stata a lungo al centro di dibattiti cruciali, e fin dai suoi primi anni, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha cercato di affrontare questa problematica utilizzando strumenti giuridici internazionali per garantire i diritti umani. Nel 1965, l’Assemblea generale ha istituito la Convenzione per l’abolizione di ogni forma di discriminazione razziale. Successivamente, ha intensificato gli sforzi con la Dichiarazione di Durban e il Programma d’Azione della Conferenza, cercando di implementare un approccio più rigoroso per risolvere questo problema.

Gli Stati che hanno aderito si sono impegnati a sanzionare la discriminazione razziale e hanno promesso di promuovere idee politiche finalizzate all’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione, promuovendo l’unità tra tutte le persone. Questi sforzi internazionali riflettono la volontà condivisa di contrastare la discriminazione razziale e di promuovere una società basata sull’uguaglianza e il rispetto dei diritti fondamentali di ogni individuo.

Affrontare e contrastare la discriminazione razziale richiede una consapevolezza diffusa, un impegno per l’uguaglianza e la promozione di una cultura inclusiva che apprezzi la diversità anziché condannarla.

ABILISMO, DI COSA SI TRATTA?

Per iniziare è necessario definirlo nel dettaglio. Si chiama abilismo ogni tipo di discriminazione nei confronti di persone con disabilità psicofisiche ed è in realtà fin troppo diffuso rispetto a quanto poco, purtroppo, se ne parli a riguardo.

Questo tipo di discriminazione si presenta in diverse tipologie: il fenomeno più noto è il concetto di barriera architettonica, ma non va trascurata poi l’offesa diretta, ovviamente, o quella indiretta, come ad esempio rivolgersi con pietismo oppure l’esaltare una persona per le cose più insulse, gesto che spesso viene percepito da fuori come gentile, ma che nasconde  diverse interpretazioni. Spesso infatti questo gesto può sembrare una forma di pietismo nonostante, magari, non sia quella l’intenzione iniziale.

Vanno poi analizzate tutte quelle situazioni di selettività che si manifestano a livello sociale, politico, lavorativo o scolastico nella vita di una persona con disabilità: sono tante le situazioni in cui una persona con problemi di questo tipo cerca un’interazione nel mondo del lavoro, ad esempio, o più semplicemente nella società, ma sono diverse anche le situazioni in cui questa persona rimane vittima di una discriminazione selettiva, anche inconsapevole, proprio per colpa dell’invalidità. Quante volte si è sentito parlare di mancata assunzione sul lavoro? Quante volte ci capita di veder occupare un parcheggio riservato agli invalidi da qualcuno che non dovrebbe occuparlo? O ancora quanto spesso ci capita di vedere delle rampe ostruite e inaccessibili?

Tutti questi gesti accadono quotidianamente e sono vere e proprie discriminazioni, per questo vanno analizzati e riconosciuti come tali. È bene quindi entrare nel dettaglio di alcuni di essi.

Barriere architettoniche

Sicuramente il termine di barriera architettonica non è nuovo, ma di cosa si parla realmente quando si nominano le barriere architettoniche? Una barriera architettonica è un vero e proprio ostacolo a livello strutturale e architettonico, che impedisce, soprattutto alle persone con limitate capacità motorie, l’accesso o lo spostamento. Questo spostamento può avvenire in un mezzo pubblico, in un palazzo, per strada su un marciapiede o ovunque sia necessario un transito da un luogo o servizio a un altro.

Esempi di barriere di questo tipo sono l’assenza di rampe o ascensori in presenza di scalinate, corrimano posizionati ad altezze insolite ma anche un semplice gradino di una decina di centimetri all’ingresso di un palazzo.

È importante inoltre mettere in evidenza che una barriera architettonica, nonostante il fatto che a livello concettuale abbia una definizione precisa, rimane a livello pratico soggettiva: un elemento che risulta un ostacolo per qualcuno potrebbe non dare la stessa impressione a qualcun altro o viceversa; è la percezione di barriera architettonica, quindi, a variare da persona a persona.

Ma cosa stabilisce la legge a riguardo? Secondo i principi fondamentali della Costituzione italiana ogni cittadino ha pari dignità sociale rispetto ad un altro ed è quindi giustizia etica e politica rendere ogni luogo o servizio accessibile ad ogni cittadino. In altre parole la Costituzione italiana ritiene fondamentale la battaglia al fine di eliminare ogni tipo di barriera architettonica in ogni luogo o servizio.

Ora che il concetto di barriera architettonica è stato introdotto anche per legge è bene entrare ancor più nel dettaglio tornando alla tematica principale di questo articolo: la discriminazione.

Nonostante l’impegno, a livello legislativo, al fine di promuovere la piena integrazione di persone con disabilità rimangono ancora oggi situazioni di disagio e difficoltà dovute principalmente a queste limitazioni di tipo strutturale, che il più delle volte causano a loro volta problematiche di rilevanza sociale: si parla in questo caso di discriminazione indiretta.

La discriminazione indiretta è basata sull’indifferenza e si verifica nel concreto, nascondendosi dietro una condotta che sembra del tutto neutrale perchè, il più delle volte, vorrebbe esserlo. Questa condotta tuttavia si rivela essere una forma di discriminazione non palesata, ma fondata su forme di apparente neutralità ed equità che potrebbero avere conseguenze negative sulla persona che le subisce, sia dal punto di vista psicologico che, nel caso delle barriere architettoniche, dal mero punto di vista fisico.

Disabilità e abilismo a scuola

Negli ultimi anni, la lotta per un sistema educativo inclusivo ha guadagnato terreno, ma le sfide per gli studenti con disabilità rimangono un’urgenza da affrontare. Le scuole dovrebbero essere luoghi di apprendimento aperti e accoglienti per tutti, ma spesso le persone con disabilità si trovano di fronte a discriminazioni che ostacolano il loro accesso a un’educazione equa e di qualità. Una delle barriere principali è l’accessibilità fisica. Molti istituti scolastici mancano di strutture adeguate che possano garantire un accesso senza ostacoli agli studenti con disabilità motorie. La mancanza di rampe per sedie a rotelle o bagni non accessibili crea impedimenti significativi alla partecipazione e all’apprendimento. Ma non è solo la fisicità a rappresentare un ostacolo. La mancanza di risorse didattiche adeguate è un’altra forma di discriminazione. Gli strumenti di apprendimento specifici e le tecnologie assistive spesso non sono disponibili, limitando le opportunità di apprendimento degli studenti con disabilità. L’esclusione sociale è un problema persistente. Gli studenti con disabilità possono essere soggetti a bullismo, emarginazione e isolamento. Questo può causare gravi danni emotivi e sociali, impedendo loro di partecipare appieno alla vita scolastica. La mancanza di supporto personalizzato è un altro nodo cruciale. Gli studenti con disabilità potrebbero non ricevere il sostegno necessario, come insegnanti di supporto o programmi di apprendimento personalizzati, compromettendo il loro successo scolastico. Inoltre, la formazione inadeguata del personale può limitare la capacità della scuola di supportare gli studenti con disabilità. Un personale non adeguatamente preparato potrebbe non comprendere appieno le esigenze degli studenti, creando ulteriori ostacoli all’inclusione. Per affrontare queste discriminazioni, è cruciale adottare politiche e pratiche che promuovano un ambiente scolastico inclusivo. Questo include l’adeguamento delle strutture fisiche, l’implementazione di risorse didattiche accessibili, la sensibilizzazione e la formazione del personale, nonché la creazione di un ambiente sociale accogliente e senza discriminazioni. Solo con un impegno costante e collettivo si possono superare queste barriere e garantire che ogni studente, indipendentemente dalla disabilità, abbia accesso a un’istruzione di qualità. 

Ambiente di lavoro

L’ambiente di lavoro è probabilmente quello in cui si percepisce più selettività, di ogni tipo, anche e soprattutto nei confronti di persone con invalidità. Questo ambiente presenta quindi diverse criticità e punti da prendere in analisi in questo articolo.

In primo luogo è bene fare luce su alcuni aspetti del lavoro che spesso non vengono considerati: si parla di lavoro, infatti, solo a livello del tutto pratico e idealistico, come fonte di guadagno e base della vita autonoma di un individuo. Questa visione del lavoro non ha certo nessun punto da correggere e anzi, dal punto di vista concreto e razionale sembrerebbe tutto qui. Col tempo, però, la visione del lavoro è cambiata ed ha raggiunto interesse anche da un punto di vista più astratto e irrazionale: il lavoro è infatti visto ad oggi come parte integrante della persona e, per questo, la chiave di una sorta di dignità sociale. In altre parole, per una visione che ormai è diffusa, anche senza volerlo, nella società, un individuo potrebbe sentirsi emarginato dalla vita e dall’ambiente sociale se non ha un lavoro o se il suo lavoro non è considerato importante e valorizzato. Questa prospettiva può portare a un senso di emarginazione o di mancanza di riconoscimenti nella società in cui vive.

Se si prendono in considerazione questi aspetti, dunque, è semplice pensare a quanto questo tipo di selettività risulti discriminatoria nei confronti di una persona diversamente abile che li subisce. Succede davvero frequentemente di vedere una persona invalida perdere il lavoro o trovarsi di fronte a una mancata assunzione proprio per colpa di questo problema, nonostante il fatto che non sia un lavoro fisico e che l’individuo sia del tutto qualificato per portarlo a termine secondo i canoni richiesti: in questo caso si tratta il più delle volte di una vera e propria discriminazione fondata su preconcetti e stereotipi, che rimangono irrisolti e nel silenzio, che porta la vittima di tale atto all’isolamento e alla frustrazione.

Società e interesse per la disabilità

In conclusione è bene cercare di analizzare brevemente il rapporto e l’interesse di questa tematica con la società odierna e la quotidianità del mondo.

È certo che il silenzio e il disinteresse sia molto, sia da un punto di vista puramente analitico e fine a sé stesso, che da un punto di vista comparativo: ad oggi si parla molto di diversi tipi di discriminazione ma è molto raro di sentir parlare di abilismo. 

In primo luogo, probabilmente, perché è un tipo di discriminazione che si nasconde in gran parte dietro gesti apparentemente neutrali e razionali. Ad oggi il problema dell’abilismo, bisogna riconoscerlo, è trattato con indifferenza da una società adagiata sull’abitudine di lasciar correre, su quell’onda indistinta dell’apatia e negligenza, ma in un futuro prossimo vedremo mai il problema dell’abilismo preso sul serio o rimarrà un tema celato e trascurato?

DISCRIMINAZIONE ALIMENTARE

Al giorno d’oggi, sono sempre di più i casi di discriminazione tra giovani per quanto riguarda l’aspetto fisico. Molti prendono il problema alla leggera, sottovalutando il grande danno psicologico che questo apporta nel ragazzo. Con i social media poi questa pratica si è sempre più estesa, diventando ormai un fenomeno virale. 

Questo ha portato ad un aumento dei disturbi del comportamento alimentare (DCA). 

Cosa sono i DCA? 

I disturbi del comportamento alimentare sono prettamente disturbi di natura psicologica, dati da una mancanza di autostima. Si presentano maggiormente in donne che raggiungono la menopausa o negli adolescenti, e le cause possono essere gravissime, arrivando anche alla morte. 

I più comuni sono l’anoressia, la bulimia nervosa, e il BED (Binge Eating Disorder) che contrariamnete alla bulimia non si manifesta con vomito, abuso di lassativi, digiuno o eccessivo esercizio fisico.  

Nell’anoressia il soggetto, nonostante la sua magrezza, smette di mangiare, o abusa di lassativi e diuretici per eliminare il poco cibo che riesce ad ingerire, il tutto con l’obiettivo iniziale di perdere qualche chilo, per rientrare nei canoni di bellezza che la società impone. La situazione poi sfugge di mano, arrivando anche a pesi bassissimi. Abbiamo due tipi di anoressia, quella restrittiva, caratterizzata da molto esercizio fisico e una dieta molto ferrea, e una bulimica, che ad episodi di totale digiuno alterna episodi di grande abbuffate, che terminano con episodi di vomito. Si manifesta più comunemente tra le ragazze di età compresa tra i 10 e i 13 anni. Proprio questo fattore ne enfatizza la pericolosità. Infatti, a questa tenera età una malnutrizione può avere effetti gravissimi. I sintomi che si cominciano a manifestare solo la mancanza di mestruazioni, continua mancanza d’appetito o un eccessivo calo di peso. I fattori scatenanti possono essere molteplici, da un episodio traumatico, come anche una semplice presa in giro, una dieta andata poi fuori controllo, un ambiente familiare poco accogliente, dove è assente dialogo ad esempio, o semplicemente un fattore genetico. Una storia veramente toccante è quella di Giulia, una ragazza affetta da questo disturbo, morta a solo 17 anni, arrivando a pesare a malapena 26 kg. Tutto è cominciato dai social, dove Giulia chiedeva sempre consiglio ad ogni ragazza su come avere il loro fisico, oppure su cosa mangiare, perché lei non si piaceva e si vedeva grassa. Da qui cominciò a nascondere il cibo a tavola. Questa la portò al ricovero, dove pesava 35 kg ed era nutrita tramite un sondino. Giulia però ci ricadde subito, e questa volta molto più gravemente. Entrò nel secondo ricovero con un peso di appena 26 kg. Qui Giulia rifiutava addirittura le flebo per mantenere i propri parametri vitali stabili. Questo ovviamente la portò alla morte.

Nella bulimia invece il soggetto si rende protagonista di enormi abbuffate, arrivando a ingerire anche migliaia di calorie in poche ore, per poi essere afflitto da sensi di colpa, che lo portano a liberarsi del cibo ingerito tramite vomito autoindotto o l’uso spropositato di lassativi. I fattori scatenanti di questo disturbo possono essere molteplici, da quelli genetici a quelli psicologici, come ansia, depressione, stress o bassa autostima. Fattori ambientali, come l’ambiente di lavoro o lo sport praticato, o violenze subite in passato. I sintomi possono appartenere a due categorie, quelli di tipo psicologico, come una visione irreale del proprio fisico, depressione o forte ansia, e quelli di tipo fisico, come alito cattivo e problemi dentali, dati dall’acidità del vomito, malnutrizione, forte stanchezza,problemi cardiaci e problemi nell’intimità, come disfunzioni erettili o infertilità. Una storia commovente è quella raccontata da Giorgia, ragazza di 25 anni, che ad oggi ha sconfitto la bulimia. La sua malattia scatenata alla tenera età di 7 anni, da un “banale” commento della sua maestra, che faceva notare alla bambina la grandezza spropositata del panino che lei si stava mangiando. Ad accorgersene della sua malattia fu la nonna. Da li Giorgia cominciò un lungo periodo di riabilitazione, con alti e bassi, ma da cui ne uscì vittoriosa.

Anche nel Binge Eating Disorder, come nella bulimia, il soggetto si rende partecipe di enormi abbuffate, ma non riesce a liberarsene, e questo lo porta a raggiungere gravi sovrappesi e spesso anche l’obesità. Le abbuffate che il soggetto compie non sono casuali, come nella bulimia, ma si ripetono dalle 1 alle 14 volte alla settimana. Qui è il sesso maschile ad essere più colpito di solito o nell’età che va dai 20 ai 30 anni o nella mezz’eta. In America i dati sono spaventosi. Si stima infatti che circa 6 milioni di persone siano affette da questo disturbo. Le abbuffate avvengono in pochissimo tempo, e di solito in solitudine, dato l’imbarazzo provato dal soggetto. A queste abbuffate possono essere correlati ad episodi di alcolismo, tossicodipendenza, cleptomania o autolesionismo. I fattori scatenanti sono molteplici, da una tendenza genetica all’obesità, al commetto negativo di troppo sul proprio corpo, o molto spesso a traumi infantili.

Il fenomeno di discriminazione per motivi legati al proprio corpo prende il nome di body shaming, e ad oggi è molto diffuso, soprattutto per via dei social media. È una forma vera e propria di violenza psicologica, che sfrutta l’insicurezza corporea della vittima e molte volte assume la forma di bullismo o cyberbullismo. A volte si presenta anche come una discriminazione di genere, dato che i soggetti più colpiti sono le donne, che espongono maggiormente il loro corpo, tramite foto sui social. È qui che i “leoni” da tastiera colpiscono, la maggior parte in anonimato. Purtroppo il body shaming è presente dappertutto, anche nei cartoni animati o film rivolti ai bambini. Uno studio infatti ha confermato che nel 64% di questi cartoni, i personaggi obesi vengono sempre rappresentati come brutti, malvagi, poco attraenti.

Il “body shaming” non colpisce però solo questo settore, ma è vastissimo. Ad esempio, molte delle volte un uomo con delle spalle non proprio sviluppate e un eccesso di grasso nella zona del petto viene considerato poco mascolino, cosi come una donna con seno assente, spalle molto larghe e dei peli evidenti viene identificata come poco femminile. Il fenomeno va trattato con molta attenzione, perché colpisce maggiormente adolescenti, e ciò può avere effetti irreversibili, come un drastico abbassamento dell’autostima, o nel peggiore dei casi può portare anche al compimento di atti estremi. Nei casi in cui la situazione è sotto controllo, dove lo stato d’animo della vittima è sotto controllo, si consiglia di lasciar correre, magari limitandosi ad incoraggiare la vittima con parole di conforto. Se invece vediamo che la vittima accusa gravemente gli insulti, rimanendoci molto male, è opportuno rivolgersi a specialisti del settore, e se la situazione peggiora, anche alle autorità competenti. Un caso di suicidio legato al body shaming è quello di Michele Ruffino, un ragazzo di 17 anni, con il sogno di diventare pasticcere. Sin dalle scuole medie, racconta la madre, MIchele veniva preso in giro per la sua eccessiva magrezza, venendo spesso definito come “il ragazzo anoressico”. La situazione peggiorò nelle scuole superiori, tant’è che il 23 febbraio del 2018, dopo aver scritto una lettera d’addio, recepita solo da alcuni suoi compagni di classe, che presero la decisione di farla sparire, per non farla giungere alla famiglia, Michele si getto da un ponte di Alpignano, in provincia di Torino. La madre ad oggi è fondatrice di un’associazione, “MikyBoys”, con l’obiettivo di tenere viva la memoria di suo figlio e per sensibilizzare i ragazzi nelle scuole sull’argomento.

Il 15 marzo ricorre la giornata mondiale del fiocchetto lilla, dedicata a tutte le persone affette da DCA. In questa giornata si organizzano incontri per sensibilizzare e informare i giovani sulla pericolosità dei DCA e dei loro effetti. L’iniziativa nata grazie a Stefano Talvilla, che ha perso la figlia Giulia a soli 17 anni per questo motivo. Nel 2018 è stata ufficializzata questa giornata.

DISCRIMINAZIONE RELIGIOSA

Mentre le discriminazioni razziali caratterizzano gli svolgimenti della storia da molto tempo, l’intolleranza religiosa è una piaga che si sta diffondendo negli ultimi anni.

La religione, è una caratteristica che determina l’identità e lo stile di vita di una popolazione quindi è una delle prime cose per cui si ha paura, questa paura genera pensieri razzisti e xenofobi nei confronti delle altre religioni, infrangendo gli ideali della maggior parte delle costituzioni moderne.

In italia la Costituzione parla chiaro,l’articolo 3 della costituzione italiana prevede che bisogna rispettare l’individuo indipendentemente da sesso, razza, lingua, religione e opinioni politiche.            

Pertanto giudicare un gruppo di persone solo per la religione non è solo eticamente scorretto,  bensì viola la legge e ostacola lo sviluppo sociale basato su libertà e uguaglianza dei cittadini.

Il Pew Research Center, organizzazione che analizza l’interazione tra politica mondiale e religione, ha evidenziato che nel 2013, l’ultimo periodo studiato, quasi il 30% dei paesi presentava restrizioni della libertà religiosa di natura sociale e governativa.

La ricerca mostra che il 39% dei paesi ha restrizioni “elevate” o “molto alte” e poiché questi paesi includono anche alcuni paesi più popolosi del mondo (come India e Cina), circa 500 milioni di persone hanno restrizioni.

La percentuale della popolazione mondiale vive in un ambiente in cui la libertà religiosa è fortemente limitata.

Possiamo quindi notare che invece di assistere ad un trend positivo, quindi un miglioramento rispetto ad un problema così grave per una società moderna come quella a cui ambiamo, il miglioramento è tutt’altro che vicino, con gli eventi odierni la possibilità di eliminare questi giudizi dal pensiero dell’uomo non è facile; con la grande quantità di episodi di terrorismo che colpisce circa un paese su cinque la mentalità occidentale e principalmente europea rispetto alle culture dei paesi artefici si chiude, condannando così la maggior parte della popolazione che è completamente estranea a questa estremizzazione degli ideali religiosi.

Un’altro evento che ha influito su questa problematica è il virus che ha caratterizzato gli ultimi 3 anni:

infatti anche Il covid 19 ha avuto un forte impatto sulla libertà religiosa, con “indebite restrizioni alle attività religiose e la stigmatizzazione dei gruppi religiosi accusati (falsamente) di diffondere il virus”. Il sito ACS (aiuto alla chiesa che soffre) riferisce che gli stati stanno sfruttando l’insicurezza causata dal Covid 19 per rafforzare il controllo  sui propri cittadini. La malattia non solo mette in luce le carenze delle diverse società, ma esaspera anche le vulnerabilità esistenti legate a fattori quali povertà, corruzione e strutture statali deboli.

Anche i pregiudizi sociali preesistenti contro le minoranze religiose contribuiscono ad aumentare le discriminazioni. In questo senso è importante l’esempio del Pakistan, dove le società caritative musulmane negano ai cristiani e ai membri delle minoranze religiose l’accesso agli aiuti medici e alimentari.

Queste discriminazioni sono una piaga da eliminare a tutti i costi dalla società perché riescono a contaminare un campo puro come quello dello sport, Protagonista di uno degli ultimi episodi di intolleranza religiosa è l’americano Joe Kennedy, veterano, ex marine, allenatore alla Bremerton High School di Bremerton, quest’uomo è stato arrestato al seguito del suo rifiuto all’interruzione della solita preghiera di fine partita.

L’uomo rivendica la libertà e la tolleranza che lui stesso ha difeso nella sua carriera da militare, sostenendo che nonostante lui ancora creda che l’america sia la terra dei liberi, ultimamente la tendenza ad indietreggiare continuamente perché qualcuno possa offendersi ha annebbiato questo suo pensiero. 

Inoltre di recente è stato rivelato anche un testo di una delle sue preghiere: 

“Signore, ti ringrazio per questi ragazzi e la benedizione che mi hai dato per essere qui con loro. Crediamo nel gioco, crediamo nella competizione e possiamo essere anche rivali durante le partite ma alla fine ci lasceremo sempre come fratelli”

LA DISCRIMINAZIONE DOVUTA ALL’ETA’

L’ageismo, ovvero la discriminazione basata sull’età, è un fenomeno diffuso che può colpire sia i giovani che gli anziani. Questa forma di discriminazione si manifesta attraverso stereotipi, pregiudizi e comportamenti discriminatori che influenzano diversi aspetti della vita quotidiana. È fondamentale comprendere che l’ageismo può avere un impatto significativo sull’identità delle persone, influenzando il modo in cui vengono percepite e trattate nella società.

Il Codice dei Diritti Umani dell’Ontario, uno dei pochi testi che regolano gli atti di ageismo, costituisce una salvaguardia contro la discriminazione basata sull’età, riconoscendo il diritto di tutte le fasce di età a ricevere un trattamento equo e paritario, intendendo che le persone non devono essere discriminate nel mercato del lavoro, nell’accesso all’abitazione o nella fruizione di servizi vari a causa della loro età.

Esempi di ageismo includono commenti discriminatori come “È sicuro di poter svolgere questo lavoro? Qui è necessario avere energia ed entusiasmo in abbondanza. Noi stiamo cercando qualcuno che abbia una carriera davanti a sé” o “Lei non ha bisogno di frequentare questo corso di formazione. Alla sua età, a cosa le servirebbe?”. Queste affermazioni riflettono pregiudizi basati su stereotipi legati all’età, che possono colpire sia giovani che anziani.

Gli stereotipi sull’età, che si sviluppano fin dall’infanzia, creano pregiudizi che influenzano il modo in cui valutiamo le persone senza una conoscenza approfondita. Questi stereotipi possono portare a comportamenti discriminatori, come chiedere informazioni sull’età in un colloquio o considerare i giovani inaffidabili.

Riguardo agli anziani, è importante sfatare gli stereotipi che li dipingono come improduttivi o un peso per la società. L’invecchiamento dovrebbe essere visto come una tappa fisiologica della vita, e non come una condizione di declino inevitabile. L’ageismo si manifesta anche nel campo della sanità, dove gli stereotipi possono influenzare negativamente  il trattamento della salute delle persone anziane.

Le conseguenze dell’ageismo sulla popolazione anziana sono significative, con ripercussioni negative sulla salute fisica, come ad esempio gli ostacoli architettonici, nonchè mentale. L’isolamento sociale causato dalla discriminazione può contribuire a una minore qualità della vita, a un deperimento cognitivo e persino a una morte prematura.

Combattere l’ageismo richiede un cambiamento culturale e un impegno a trattare le persone in base alle loro capacità e meriti, indipendentemente dall’età. Educare la società contro gli stereotipi e promuovere l’inclusione di tutte le fasce di età sono passi cruciali per creare una comunità più equa e rispettosa.

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